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Le pubblicità anni ’80 che ci hanno fatto sognare (e ridere)

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Un viaggio tra le pubblicità più iconiche degli anni ’80: profumi, detersivi, Coca Cola, spot comici, slogan e VIP. Gli anni d’oro della TV commerciale raccontati con ironia e nostalgia.
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C’era un tempo in cui la pubblicità era uno spettacolo, non un fastidio. Uno show da guardare con attenzione, da commentare il giorno dopo a scuola, da cantare come una sigla dei cartoni. Negli anni ’80, gli spot pubblicitari erano brevi film in miniatura, a volte ironici, a volte epici, spesso assurdi ma sempre memorabili. E la cosa più incredibile? Riuscivano davvero a farci comprare qualcosa — o almeno a desiderarlo fortemente.

In un’epoca in cui c’erano solo pochi canali TV, ogni spot diventava parte integrante della cultura popolare. Oggi li rivediamo su YouTube e ci commuoviamo. Ma allora, quelle pubblicità ci formavano, ci ispiravano e, sì, ci facevano anche ridere. In questo viaggio, riscopriamo insieme gli spot più iconici degli anni ’80 e il loro impatto sulla nostra memoria.

La pubblicità come rito: quando non si saltava nulla

Negli anni ’80 non si saltava la pubblicità, perché semplicemente non si poteva. Non c’erano decoder, né tasti “skip”, né abbonamenti premium. Le interruzioni pubblicitarie erano parte integrante del programma, e spesso le si guardava con piacere.

I bambini imparavano le canzoni degli spot a memoria, i genitori commentavano la creatività, gli slogan entravano nel linguaggio comune. Alcuni slogan sono diventati veri modi di dire: “Anto’, fa caldo!”, “Nuvenia è libertà”, “Chi Vesuvio lava… più bianco non si può”.

La pubblicità era intrattenimento di massa, spesso più memorabile dei programmi stessi.

I profumi e i deodoranti: seduzione da supermercato

Uno dei settori che più ha dominato gli anni ’80 in TV è stato quello della profumeria da banco. Spot sensuali, rallenty su gocce di colonia, uomini a petto nudo sulla spiaggia, donne misteriose in città deserte. Il massimo dell’erotismo accessibile.

Chi non ricorda lo spot del Pino Silvestre, con la bottiglietta verde a forma di pigna e la voce che diceva: “L’uomo Pino Silvestre è sicuro di sé”? Oppure il deodorante Malizia, con i ragazzi al mare che si inseguono spruzzandosi addosso, mentre in sottofondo una voce sussurra: “Malizia… l’innocenza diventa seduzione”.

C’erano poi i profumi “da uomo” che promettevano virilità assoluta: Acqua Brava, Brut, Fahrenheit. Bastava uno spot da 30 secondi per creare un immaginario completo.

I prodotti per donne: tra libertà e stereotipi

La pubblicità femminile degli anni ’80 era un mix esplosivo di emancipazione, retorica e cliché. Da una parte volevano comunicare libertà, indipendenza, modernità. Dall’altra… continuavano a mostrare donne che saltellavano sorridenti in pantaloni bianchi.

Lo spot della Lines Seta è rimasto nella memoria collettiva per l’imbarazzo che generava: ragazzine che guardavano le mamme, mamme che cambiavano canale. Ma anche quello era parte del rito. Spot come “Nuvenia è libertà” o “Lady Presteril, donna sempre” cercavano di parlare di femminilità, anche se con toni oggi difficili da accettare.

Poi c’erano le pubblicità dei detersivi, in cui spesso la donna era rappresentata come giudice inflessibile di macchie e profumi: “Ma cos’è questa robaccia? È il tuo detersivo!”

La Coca Cola, la Ferrero, i brand che costruivano sogni

Negli anni ’80 la Coca Cola non vendeva solo una bevanda: vendeva uno stile di vita. Gli spot estivi con giovani bellissimi su spiagge immacolate, sorrisi smaglianti, musica pop. Era l’America che entrava in casa nostra.

La Ferrero faceva scuola. Gli spot del Kinder Cioccolato e delle Sorpresine erano cuciti addosso ai bambini. Impossibile dimenticare la faccia del bambino biondo sulla confezione o la voce che diceva “Kinder: il buono che si vede”.

Anche Mulino Bianco creava mondi perfetti: la casa nel verde, la famiglia felice, il mulino in legno. Era un’utopia rurale a misura di spot. Un marketing così efficace che ancora oggi, a distanza di decenni, fa leva sulle stesse emozioni.

Gli spot comici: tormentoni e nonsense che non si dimenticano

Alcuni spot non puntavano sulla bellezza o sul sogno, ma sul nonsense. Erano così strani, così fuori dagli schemi, da diventare veri tormentoni.

Come lo spot del Formaggino Mio, con il bambino che diceva “Miiiiooo!” con voce acuta e disarmante. Oppure quello del Riso Scotti, con l’improbabile uomo orientale che diceva “Scotti risotto, buono, buono!”. E che dire di “Gira e rigira lo spot è sempre quello”, della Telefunken?

Erano spot che entravano in testa, che si ripetevano a tavola, a scuola, negli autobus. A volte senza nemmeno capire il prodotto.

I testimonial: quando i VIP facevano davvero effetto

Negli anni ’80 i testimonial erano spesso personaggi reali, riconoscibili, amati. Adriano Celentano per il Moplen, Raffaella Carrà per il Cynar, Lorella Cuccarini per la Lines, Mike Bongiorno per la Vecchia Romagna.

Non c’era il sospetto di pubblicità occulta. Anzi, la presenza di un volto famoso legittimava il prodotto. Se lo usava lui o lei, allora andava bene anche per noi. Alcuni spot sembravano veri e propri varietà, con canzoncine scritte ad hoc e coreografie studiate.

La moda negli spot: dagli Invicta alle Timberland

Gli spot anni ’80 non pubblicizzavano solo oggetti: lanciavano la moda. Le felpe Best Company, gli zaini Invicta, i Levi’s 501, le Timberland. Spesso apparivano nei video musicali o in spot “di contesto”, in cui lo stile era parte integrante della narrazione.

Anche gli orologi Swatch, i profumi Naj Oleari, i cerchietti e le mollette glitterate arrivavano alle masse attraverso le pubblicità. Bastava vederli in TV per volerli subito.

Perché quegli spot funzionavano così tanto?

Perché erano diretti, emozionali, immediati. Perché riuscivano a comunicare tutto in 30 secondi. Perché parlavano un linguaggio semplice, ma non banale. Perché non erano filtrati da algoritmi o analytics. Erano creati da menti pubblicitarie che studiavano le persone, non i dati.

E soprattutto, perché erano collettivi. Si guardavano tutti insieme. Si commentavano. Si imparavano. Erano una parte reale della cultura popolare italiana.

Dove rivederli oggi (e perché fanno ancora effetto)

Oggi quegli spot sono tornati di moda. Su YouTube ci sono canali dedicati, pagine Facebook che li ripropongono ogni giorno. E ogni visualizzazione è un tuffo emotivo nel passato.

Rivederli oggi non è solo un passatempo nostalgico: è un modo per ricordare come comunicavamo, cosa ci emozionava, quali valori ci venivano proposti. Ed è anche una lezione per chi oggi lavora nella comunicazione: creare emozioni durature vale più di mille like.

Rivivi la magia degli anni ’80 in ogni dettaglio

Se quelle pubblicità ti sono rimaste nel cuore, se ti ritrovi a cantare ancora “Sanbittèr è, Sanbittèr è…” o a ripetere “Malizia… l’innocenza diventa seduzione”, allora amerai il libro “Quando il mondo era senza Wi-Fi”. Perché non è solo nostalgia: è memoria viva, oggetti veri, emozioni concrete.

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